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Messaggio Da chicco Mer Dic 10, 2008 5:20 pm

LA RISPOSTA DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

La condanna del relativismo come degenerazione della cultura moderna, non significa affatto il rifiuto puro e semplice dell’illuminismo e della modernità. La chiesa non nega gli apporti positivi del pensiero moderno, ma denuncia il fatto che “ la ragione, sotto il peso di tanto sapere, si è curvata su se stessa diventando, giorno dopo giorno, incapace di sollevare lo sguardo verso l’alto per osare di raggiungere la verità dell’essere” (Giovanni Paolo II . Fides et ratio n. 5). Di conseguenza, l’uomo contemporaneo è divenuto preda dello scetticismo: l’accettazione del legittimo pluralismo si è trasformata nella falsa concezione che tutte le posizioni si equivalgono, che tutto si riduce a mera opinione; perciò l’uomo oggi “si accontenta di verità parziali e provvisorie, senza più tentare di porre domande radicali sul senso e sul fondamento ultimo della vita umana, personale e sociale” . Si ha così una crisi di senso. Aumenta la frammentarietà del sapere che rende difficile e spesso vana la ricerca di un senso; anzi molti si chiedono se abbia ancora senso porsi una domanda sul senso. E l’uomo è disorientato. Ciononostante, molti sono i punti di convergenza tra cristianesimo e modernità a cominciare dal discorso sui valori fondamentali della libertà, uguaglianza e universalità dei diritti umani. Sono i medesimi valori portati avanti dall’illuminismo e quindi non è esagerato affermare che l’illuminismo è di origine cristiana. Anzi esso ha contribuito a rimettere in luce la razionalità originaria della religione del lògos, e ha contribuito a liberare il cristianesimo da condizionamenti storici e politici che avevano finito col trasformarlo in religione di stato. Bisogna proseguire nella riscoperta del rapporto tra fede e ragione, tra morale e ragione, che in passato era stato sottovalutato. “ La rottura tra vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca”. Così aveva detto Paolo VI, mentre Giovanni Paolo II affermava che la chiesa è profondamente convinta “ che la fede e ragione si recano un aiuto scambievole, esercitando l’una per l’altra una funzione sia di vaglio critico e purificatore, sia di stimolo a progredire nella ricerca e nell’approfondimento” (FR n. 48).Il dialogo interculturale diviene il luogo privilegiato dell’incontro tra la ragione e la fede, tra credenti e non credenti. Il motivo è che ogni uomo è inserito in una cultura, e ogni cultura porta impressa in sé e lascia trasparire la tensione verso un compimento. Si può dire che la cultura ha in sé la possibilità di accogliere la rivelazione divina. Per questo, di fronte alla sfida del relativismo c’è bisogno di cristiani adulti e maturi. Abbiamo bisogno di uomini che rendano Dio credibile in questo mondo. “Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto si illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini”.(Ratzinger L’Europa nelle crisi delle culture).

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