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Messaggio Da chicco Ven Nov 21, 2008 8:33 pm

LA PROPOSTA SOCIALE


Il vangelo non è un libro da leggere, ma da vivere. Per questo il discorso sociale della chiesa, che traduce il vangelo in principi di riflessione, in criteri di giudizio e in orientamenti di azione, non vuole essere né può rimanere un discorso astratto. La lettura dei “segni dei tempi” è orientata a illuminare le scelte da compiere. Quindi il discorso sociale si trasforma in “proposta sociale”, proposta etica e culturale e agisce come vera ed efficace fonte di rinnovamento. La chiesa si rivolge ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà, invitandoli ad impegnarsi con coraggio nella costruzione di una nuova società. In realtà, se manca una cultura politica, senza un progetto comune di società fondato su valori etici largamente condivisi, nessuna “ingegneria politica” sarà risolutiva. Alla base di tutto ciò, sta la condivisione delle linee di fondo di una proposta sociale, intorno ai valori di una comune “cultura etica politica” che colmi il vuoto lasciato dalla fine delle ideologie. Nel vuoto di valori e di modelli di oggi, occorre trovare una proposta sociale convincente e largamente condivisa nei principi di fondo, nei criteri di giudizio e nelle priorità operative essenziali. A sfide nuove, occorrono risposte nuove. Gli insegnamenti della chiesa offrono un fondamento morale e un nuovo progetto di ordine sociale più umano e fraterno. “Alla crisi di civiltà occorre rispondere con la civiltà dell’amore, fondata su valori universali di pace, di solidarietà, di giustizia e libertà, che trovano in Cristo la loro piena attuazione” (Giovanni Paolo II). La civiltà dell’amore nasce dal fatto che la chiesa deve offrire il suo contributo (religioso, etico e culturale) in quanto essa è esperta in umanità. Il vangelo ci svela che “Dio è carità” e quindi la trasformazione del mondo deve avere alla base il nuovo comandamento della carità, della giustizia e della solidarietà. Tutto ciò si potrà realizzare attraverso un leale dialogo interculturale e interreligioso.

Dialogo interculturale. Per la cultura laica, la ragione è un assoluto. Tutto ciò che trascende la ragione e la immanenza della storia non interessa, è considerato ininfluente. Se non esiste nessuna realtà assoluta, neppure l’uomo, neppure la sua coscienza, la sua dignità e la sua vita sono valori assoluti, ma relativi. A questo punto la libertà non è altro che la possibilità di soddisfare i propri desideri, di fare ciò che si vuole, con l’unico limite del rispetto della libertà altrui.

Per la cultura cristiana la ragione umana è aperta a conoscere la verità che la trascende, da cui è illuminata, che essa scopre e non crea. Libertà è dunque sinonimo di responsabilità nelle scelte che l’uomo compie, conformandosi volontariamente alla norma etica, la quale trascende la coscienza dei singoli, sebbene vi si trovi naturalmente scolpita.

Questa divergenza di vedutesi temi fondamentali, ha generato una lunga serie di incomprensione e di scontri tra cultura laica e cultura cristiana. Da un lato gli uomini di chiesa hanno avuto paura del nuovo, hanno capito con molto ritardo che la tolleranza, la libertà di coscienza, di pensiero e di stampa, l’uguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte allo Stato e altri valori della cultura laica moderna non solo non erano contro il vangelo, ma erano in sintonia con lo spirito del cristianesimo. D’altro canto, però, è onesto rilevare che i rappresentanti della cultura laica moderna hanno fatto spesso uso improprio, ideologico della scienza e dei nuovi valori di libertà. Ovviamente il cristianesimo non può non svolgere un ruolo di coscienza etico. Dobbiamo riconoscere che il vangelo di Cristo provocherà sempre resistenza, perché sfida gli uomini e richiede da essi una conversione di mente, cuore e comportamento. La cultura amante della modernità, caratterizzata da scienza e tecnologia, con accenti razionalistici e secolarizzanti, può essere distruttiva dei valori umani e spirituali promuovendo un modello di vita egoistica. Se la vita cristiana non differisce chiaramente dai valori laici, non avrà nulla di speciale da offrire. La Gaudium et spes esorta i cristiani, affinché, nel dialogo con le altre culture, si pongano in atteggiamento non solo di chi dà, ma anche di chi ascolta e riceve. Perché non si potrebbe giungere insieme a rivalutare la corporeità, senza cadere nel materialismo? O a riconoscere il valore della ragione senza cadere nel razionalismo? O ad ammettere la legittimità del pluralismo, senza identificarlo con l’agnosticismo? O a riconoscere la laicità e l’autonomia delle realtà temporali, senza sconfinare nel laicismo?

Un dialogo interreligioso, una mutua comprensione dovrebbe essere la base per difendere e promuovere, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali e la libertà. Il mondo moderno è sempre più consapevole che la soluzione dei gravi problemi nazionali e internazionali non è soltanto questione di produzione economica o di organizzazione giuridica o sociale, ma richiede precisi valori etico – religiosi.

“Sono persuaso che le religioni oggi e domani avranno un ruolo preminente per la conservazione della pace e per la costruzione di una società degna dell’uomo” (Giovanni Paolo II – Centesimus annus n. 60). Ecco perché egli ha sempre insistito sul dialogo interculturale e interreligioso in quanto ciò fa parte della missione evangelizzatrice della chiesa: Questo dialogo è storicamente importante e teologicamente necessario. Quindi oggi si impone una “nuova evangelizzazione”: la chiesa rinnovi anzitutto se stessa per percorrere con credibilità le nuove vie dell’evangelizzazione.

Si tratta di uscire dal tempio e di affrontare la piazza portando la parola di Dio là dove l’uomo oggi vive, s’incontra e si interroga. L’evangelizzazione, cioè, va intesa come una nuova “inculturazione” della fede nei diversi ambiti della vita umana per trasformare dall’interno le coscienze, le culture e il costume con la forza e la luce del vangelo. Bisogna sforzarsi di rendere comprensibile e vivo il vangelo agli uomini di una data cultura , traducendolo nelle forme, nel linguaggio, nei simboli di essa. Bisogna inoltre rinnovare dall’interno la cultura in cui il vangelo è annunziato, per aprirla a una visione plenaria dell’uomo, della vita e della storia. L’inculturazione non è accomodamento a mentalità e costumi mutevoli,non è sinonimo di eclettismo e di sincretismo e neppure ricerca di una minima verità comune, ma è un processo aperto che, muovendo dagli elementi positivi di una data cultura, la faccia evolvere verso l’accettazione sempre più piena della verità di Cristo. Questo impegno non può essere demandata solo ai “missionari”, ma tutti i credenti debbono sentire, come parte integrante della loro fede, la sollecitudine apostolica di trasmettere ad altri la gioia e la luce. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo. Tutto questo insegnamento ruota intorno ad alcuni principi e valori fondamentali. 1)Il primato della persona con la sua dignità trascendente; 2) Solidarietà, intesa come comunione fraterna per il bene di tutti; 3) Il principio di sussidiarietà, che fonda il diritto e il dovere di partecipare responsabilmente alle scelte comuni; 4) Principio del bene comune, inteso sia come salvaguardia della qualità umana della vita, non solo come “ecologia ambientale” (rispettosa delle esigenze biologiche della natura dell’uomo), ma anche come “ecologia spirituale”(rispettosa delle esigenze superiori, morali e spirituali della vita umana personale e associata).

chicco

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