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Messaggio Da chicco Lun Nov 03, 2008 6:10 pm

Il Vangelo non è stato scritto soltanto per un numero ristretto di privilegiati, che hanno il dono della fede, ma è un messaggio per ogni uomo che viene su questa terra, di ogni luogo e di ogni tempo. Il Vangelo è l’unico libro del quale non sia mai stata smentita una sola affermazione e non inganna mai. A misura che passano i secoli la storia gli dà sempre ragione, nonostante i limiti, le debolezze e gli errori di tanti uomini che l’annunciano. Ora la missione della Chiesa è essenzialmente quella di annunciare il Vangelo; è una missione religiosa, non è d’ordine politico, economico e sociale. Tuttavia questa natura religiosa e soprannaturale non solo non la separa dalla storia e dalle realtà temporali, ma in queste la chiesa si incarna e si realizza.

L’opera della redenzione di Cristo, mentre per natura sua ha come fine la salvezza degli uomini, abbraccia pure l’instaurazione di tutto l’ordine temporale. Per cui la missione della Chiesa non è soltanto portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche animare e perfezionare l’ordine temporale con lo spirito evangelico. Per questo il messaggio evangelico sull’uomo e sulla società non vale solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina. Il Vangelo di Gesù Cristo è un messaggio di libertà e una forza di liberazione integrale che comporta la liberazione dalle molteplici schiavitù di ordine culturale, economico, sociale e politico che derivano tutte dal peccato e costituiscono altrettanti ostacoli che impediscono agli uomini di vivere in conformità alla loro dignità.

Si pone quindi la questione di come annunciare il Vangelo perché venga da tutti compreso e liberamente accolto. E’ il problema del rapporto tra Vangelo e cultura. Infatti, se il messaggio di liberazione di Dio all’uomo non si traduce nei valori, nel costume, nel linguaggio e nei simboli della cultura, esso rimane muto e incomprensibile per il destinatario. “Il dramma della nostra epoca è la frattura tra il Vangelo e la cultura” (Paolo VI – Evangelii nuntiandi).

La libera adesione dell’uomo alla rivelazione di Dio è di natura soprannaturale e trascendente, la cultura invece è un fenomeno di origine umana e immanente e muta secondo i tempi e i luoghi. La fede non può fare a meno di tradursi in culture diverse. La rivelazione e il Vangelo non si identificano certo con la cultura e sono indipendenti rispetto a tutte le culture. Tuttavia il regno che il Vangelo annunzia è vissuto da uomini profondamente legati a una cultura. Ecco perché, all’interno del profondo cambio culturale del nostro tempo, si impone una nuova evangelizzazione, una nuova “inculturazione” della fede, affinché, il Vangelo sia accettato da tutti e sia fermento del mondo nuovo. Quindi il diritto-dovere della Chiesa di intervenire in materia sociale, fa parte della sua stessa missione religiosa di annunciare il Vangelo. Due sono a mio avviso i motivi principali:

1- L’ordine morale è intimamente connesso con l’ordine soprannaturale. Le stesse cose terrene e le istituzioni umane, nei disegni di Dio, sono ordinate alla salvezza degli uomini. La Chiesa, dunque, ha competenza a intervenire sulle questioni sociali, economiche e politiche nella misura che esse toccano il campo morale.

2- La rivelazione cristiana ha un’intrinseca dimensione storica. L’economia della salvezza è storia. Cristo è Dio che entra nella storia del mondo, l’assume e la ricapitola in sé.

Facendo proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini, la Chiesa è intimamente e realmente solidale con il genere umano e con la sua storia; condivide con l’umanità i grandi problemi umani allo scopo di salvare la persona umana e di rinnovare l’umana società.

“…La dottrina sociale della Chiesa, non è una terza via tra il capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per le altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure una ideologia, ma l’accurata formulazione dei risultati di una attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente. Essa appartiene, perciò, non al campo dell’ideologia, ma a quello della teologia e specialmente della teologia morale” (Giovanni Paolo II Sollicitudo rei socialis n. 41.

Dunque si possono ritenere definitivamente acquisite chiarite l’esistenza e la legittimità di una “dottrina sociale” o “insegnamento sociale” della Chiesa, in cui occorre distinguere ciò che ha valore permanente ( i grandi principi morali, conformi al vangelo e alla retta ragione) da ciò che ha valore contingente e storico ( i giudizi sulla realtà sociale, politica ed economica in evoluzione). Una lettura attenta alla logica del discorso sociale della Chiesa, aiuterà i fedeli laici a tradurre in pratica in modo laico, autonomo e creativo, l’insegnamento sociale del magistero, conservando intatto nei suoi confronti il dovuto “religioso ossequio dello spirito” (Lumen gentium n. 25).

chicco

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