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Messaggio Da Don Carlos Sab Ott 25, 2008 11:27 pm

Io CREDO in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra

La parola “credo” richiama subito alla mente un elenco delle verità principali della nostra fede. Come abbiamo già detto, , la comunità cristiana si serve di due formule tradizionali: una, più breve, è quella che dovremmo recitare ogni giorno nelle nostre preghiere quotidiane: ”Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra…ecc.”: questo è il “credo degli Apostoli”, il più antico che la comunità cristiana ci ha tramandato. Lo commenteremo parola per parola.


Poi c’è l’altro “Credo”, più lungo e più teologico, che recitiamo più sovente durante la Messa dopo la lettura dell’Evangelo: è il risultato di alcuni concili ecumenici del IV secolo durante i quali le verità della nostra fede furono formulate in termini più tecnici.

Prima di esaminare il contenuto del “credo”, parola per parola, bisogna riflettere su che cosa significa “credere” .

In generale questa parola significa “fare credito”, “dare fiducia”, e anche per la nostra fede cristiana proprio di questo si tratta. Per noi la fede è una forma di “incontro” con Qualcuno con la Q maiuscola, un incontro che ci dà la convinzione di essere sempre alla sua Presenza , anche questa con la Pmaiuscola. Una Presenza nella nostra vita che dà un senso positivo a tutto quello che accade, a noi e attorno a noi; una Presenza continua della quale ci possiamo fidare completamente. Questa è la fede secondo la Bibbia.

Come avviene questo “incontro”? E’ una cosa che “accade”, e accade in modo del tutto personale. Perciò ognuno ha la sua storia: per qualcuno quell’incontro è avvenuto una volta per sempre, molti lo hanno mancato, altri lo hanno ritrovato e altri lo stanno cercando…

Perché avvenga un “incontro” bisogna muoversi in due e, per muoversi, bisogna volerlo: volerlo o non volerlo è una questione di libertà. Dio incontra le sue creature per la strada del libero incontro: questo noi lo impariamo dalla testimonianza delle Scritture e soprattutto da quella di Gesù il quale ci ha insegnato che la logica del Padre è una logica di amore. Chi non entra in quella logica non capisce neppure le altre questioni fondamentali sulle quali cercheremo di riflettere.

Un ateo militante nostrano ha scritto un libro intitolato “La religione alla prova del nove”: tante pagine per arrivare a concludere che i conti non tornano. Quel signore non sa che, dal punto di vista dell’Evangelo, la sua è una guerra contro i mulini a vento. Dio non ha scelto di incontraci per la strada del “due più due fa quattro” e noi accettiamo di incontrarlo per la strada scelta da Lui: chi dice che questa strada non gli sta bene, non lo incontrerà mai. Detto tra parentesi, la prova del nove non funziona mai quando si tratta delle scelte fondamentali della nostra vita, quelle che le danno un senso e condizionano tutte le altre scelte: per esempio, provatevi a convincere qualcuno che non vuol saperne di essere altruista, di non ingannare, di essere onesto nel commercio, di rispettare in tutto la legalità…Sono scelte nelle quali è impegnata tutta la persona come conseguenza di un intero progetto di vita che ognuno di noi si è costruito: il “due-più-due-fa-quattro” qui funziona molto poco.


Per cercare o per mantenere questo “libero incontro” con la Presenza , P maiuscola, che è la Presenza di Dio, i motivi dobbiamo cercarli anzitutto dentro di noi: la comunità dei fratelli nella fede ci può aiutare, tante “ragioni” rendono “ragionevole” la nostra scelta: ma appunto di “scelta” si tratta, e ognuno di noi trova le sue motivazioni decisive nella preghiera frequente, nella riflessione personale, nelle persone che ha incontrato o che incontra, nel suo comportamento quotidiano.

Per dirla con un termine tecnico ma non difficile: l’incontro con Dio nella fede avviene come un fenomeno che in fisica si chiama risonanza: quando due sorgenti di segnali hanno la frequenza giusta, i loro segnali si rafforzano a vicenda; se la frequenza è sfasata, i segnali possono solo disturbarsi fino ad annullarsi. Il nostro problema è quello di metterci in fase con un Dio che ci chiama e ci cerca sulla via dell’amore e della comunità


Abbiamo iniziato una serie di conversazioni intitolate “Il credo, parola per parola”. Abbiamo anche previsto un impegno “Bibbia in mano”, con il quale ci proponiamo di imparare a orientarci in quella che abbiamo definito una vera e propria “biblioteca”. Vi è stato chiesto di avere a portata di mano la vs. Bibbia, e spero che l’abbiate fatto.

Fermiamoci ancora sull’argomento di che cosa significa “credere” per noi cristiani.

Abbiamo detto che “credere”, prima che l’adesione alle verità del credo, è un impegno a fare di Dio una Presenza che sta al centro della ns. vita. “Credere” è fidarsi di Lui completamente e in ogni circostanza. Gesù lo ha fatto nei confronti del Padre. Possiamo leggere qualche Sua espressione di questa fiducia totale: v. Lc X.21 ; Mc XIV.35

Molti cristiani hanno saputo seguirlo per questa strada. Emmanuel Mounier è stato un filosofo cristiano del secolo scorso che cercò di conciliare cristianesimo e socialismo; è morto nel 1950. La sua bambina di sette mesi, contrasse una encefalite incurabile in seguito ad una vaccinazione. Papà e mamma, alla sera, mettevano sul tavolo questa bambina incosciente e, in silenzio, come racconta Mounier “adoravamo l’incomprensibile mistero di Dio”. Nelle sue lettere Mounier parla di “questo piccolo Cristo che è in mezzo a noi”, e la definisce “una piccola ostia chi ci sorpassa tutti in una infinità di mistero e di amore”. Questo era Emmanuel Mounier. Questo è fidarsi del Padre anche in croce : v. Rm VIII.35

Riprendiamo il filo dell’argomento: che cosa significa credere ?”. Il centro della nostra fede è Gesù che ha condiviso la nostra situazione umana fino al peggio che possa capitare ad un uomo o ad una donna: massacrato di botte, è stato inchiodato su un palo di legno. Però Dio, che non è il Dio dei morti ma il Dio dei viventi, lo ha “risuscitato” e da allora dice Gesù: “ se due o tre di voi si riuniscono per invocare il mio nome, Io sono in mezzo a loro” Mt XVIII.20.

Come sappiamo tutto questo? Intanto precisiamo che non è solo una questione di “sapere” queste verità, ma è anche una questione di “viverle”. E’ un circolo: più le viviamo e più ci convincono; più ci convincono e più riusciamo e testimoniarle e a viverle.

Primo: “sappiamo” le verità della fede per la testimonianza degli apostoli, di S. Paolo e di tutti quelli che hanno fatto l’esperienza di Gesù “risorto”, cioè dello stesso Gesù che ha camminato per la Palestina, ma anche un Gesù tanto diverso da quello di prima. Noi chiamiamo “apparizioni” questa esperienza dei primi testimoni diretti. Come esempio basta riferirsi al racconto di Luca a proposito della “apparizione” ai due discepoli di Emmaus. La cercheremo insieme e vi invito a leggere quella pagina : Lc XXIV.13-35.

Queste esperienze sono state testimoniate dagli apostoli e dai discepoli della prima generazione, sono state trasmesse in tutti i paesi allora raggiungibili, e finalmente sono stati messi per iscritto in quelli che oggi chiamiamo “Evangeli”, che vuol dire “Buon annunzio”. Appunto annunzio della “buona notizia” di Gesù, il Messia, Figlio di Dio”come leggiamo all’inizio dell’Evangelo che è stato messo per iscritto per primo, cioè l’ Evangelo secondo Marco.

Dunque noi siamo invitati ad appoggiare la ns. fede sulla fede di quelli che hanno creduto fin dal principio. Questo ci rende definitivamente una “comunità”: sapremmo ben poco di Gesù di Nazareth e niente del tutto del Gesù “risorto”, se non fosse arrivata fino a noi la testimonianza di chi allora “c’era”. Anche oggi sarebbe molto azzardato presumere di “vivere con Gesù” senza l’aiuto della nostra comunità cristiana. E anche noi, col Battesimo, abbiamo ricevuto la “vocazione” cristiana che è quella di fare la nostra parte, testimoniando la Buona Notizia di Gesù nell’ambiente in cui viviamo e trasmettendola a chi continuerà questa testimonianza dopo di noi. E’ questa la chiesa vivente, che siamo noi.

Diciamo “vocazione cristiana”, cioè la chiamata a dare un “di più” di testimonianza libera e volontaria..

Dicevamo prima che per il modo con il quale abbiamo ricevuto la fede e per il modo con cui si è formata e trasmessa la Bibbia, noi siamo per definizione una “comunità” di credenti. Dunque potremmo correttamente dire “Noi crediamo”. Invece il nostro credo dice “io” credo. Va bene anche così se lo mettiamo in relazione alle promesse battesimali: ognuno di noi ha ricevuto un battesimo che fa riferimento proprio alle verità affermate in questo credo cosiddetto “degli Apostoli”, e ognuno di noi rinnova personalmente quelle “promesse” almeno una volta all’anno nella settimana di Pasqua.

Questo “io può essere l’occasione per richiamare un’altra verità fondamentale della ns. fede. Ognuno di noi è un granello di polvere in confronto alla Terra, la quale a sua volta è un granello ancora più piccolo nei confronti dell’universo; e forse esistono ancora altri universi più sterminati di quello che conosciamo. Ma per Dio tutte queste immensità, detto poeticamente, “stanno nel cavo della sua mano”. Ne riparleremo più avanti: per Dio non esiste niente che sia grande o piccolo, non esiste in nessun senso. Come dice un salmo: ”Per Lui un sospiro e mille anni sono la stessa cosa”. Qui la ns. mente si perde. Però sappiamo che Dio ci conosce uno per uno: non importa quanti siamo, perché ognuno di noi è una persona irripetibile, della quale non può esistere nessuna fotocopia, qualunque sproposito potranno inventarsi in futuro gli apprendisti stregoni della genetica. E’ proprio il “Tu” di Dio che sostiene l’ “io” di ognuno di noi.

Si collega a questo anche il concetto di “peccato, il quale dice molto di più del semplice concetto di “colpa” che richiama la nostra responsabilità nei confronti di una legge o nei confronti della nostra coscienza. “Peccato” significa di più: significa che noi rispondiamo della ns. azioni non solo di fronte alla nostra coscienza o nei confronti della società, ma ne rispondiamo di fronte al Dio infinito. Se Gesù non ci avesse informato che “Dio è Amore”, ci sarebbe da spaventarsi.

Dunque, primo punto, noi sappiamo quello che c’è da sapere per la testimonianza di chi allora “c’era”. Ma questa è solo metà della fede. Secondo punto: l’altra metà dipende dalla ns. libertà e dalla ns. esperienza personale. Ognuno di noi deve “incontrarsi” col Padre che ama ogni uomo che viene in questo mondo. Abbiamo già parlato di questo “incontro” tra Dio che ci cerca e noi che rispondiamo nella preghiera, nella meditazione delle Scritture, nella riflessione, nella partecipazione alla ns. comunità cristiana e nella vita quotidiana. Come dicevamo, si tratta di fare di Dio una costante Presenza al centro dl nostro cuore. E’ un’esperienza che deve crescere su se stessa man mano che questo nostro impegno cresce. Però dobbiamo muoverci, dobbiamo metterci in viaggio verso questo centro che sta dentro di noi, dove Dio ci aspetta.

Ci sono tante ragioni che mettono sulla strada della fede, ma la Grazia di Dio ci aiuta a trovare solo dentro di noi la chiave che fa scattare il “clik” di questa fede. Noi crediamo in Gesù e nel suo insegnamento perché questa scelta dà senso alla nostra vita e a tutto il resto, anche a ciò che altrimenti non avrebbe nessun senso. Abbiamo parlato di “incontro” : Dio ci cerca, ma noi cerchiamo Dio? Abbiamo anche parlato di “risonanza” tra Dio che bussa e noi che dobbiamo aprire la porta. Ripetiamo quello che è un semplice paragone: quando due segnali si incontrano, se sono in fase tra loro, i segnali si sommano e si ingrandiscono; se invece sono sfasati, un segnale disturba l’altro e ne viene fuori solo del rumore.

Neppure Gesù in persona è riuscito a dare la fede a chi non aveva le disposizioni giuste, ed è proprio da Lui che impariamo questo scambio di dare e avere. Se dipendesse da noi, vorremo che Dio sbarcasse nel mondo con tutte le sue forze: chi potrebbe resistergli? Ma Dio ha scelto un’altra strada che è appunto quella del libero incontro il quale può anche fallire: lo abbiamo imparato dall’insegnamento di Gesù, e con Lui noi rispondiamo al Padre: “Si, Padre, perché così Tu hai voluto”….“Sia fatta la tua volontà”.

Letture: Gio. VI, 35… Abramo Gn XII.1 XV.6 XXII.1
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